CDR
Si tratta di un acronimo che indica il Combustibile Derivato dai Rifiuti: questo prodotto si ottiene processando i rifiuti al fine di eliminare i materiali non combustibili (vetro, metalli e altri rifiuti inerti) e la cd “frazione umida” ovvero la materia organica (gli scarti alimentari, agricoli, etc.).
I rifiuti selezionati attraverso questo processo (in particolar modo i materiali plastici che, come derivati del petrolio, hanno un buon potere calorifico) prendono il nome di “residuo secco combustibile” e dopo essere stati selezionati, vengono opportunamente triturati e aggregati in blocchi sigillati con vari strati di pellicola plastica che prendono il nome di “ecoballe”.
Le ecoballe, secondo la normativa vigente, devono rispondere a determinate specifiche di legge e possedere caratteristiche che garantiscano al contempo un sufficiente potere calorifico, la ridotta emissione di inquinanti e un valore molto basso di rifiuti riciclabili (non più del 50% in peso di alcuni rifiuti come, ad esempio, le plastiche non clorurate come il polietilene e il Polietilene tereftalato, poliaccoppiati plastici). Al termine del trattamento il CDR sistemato in ecoballe viene consegnato per l'incenerimento finale in appositi stabilimenti (i cd “termovalorizzatori”). La combustione del CDR nei termovalorizzatori consente di ottenere dai rifiuti una ulteriore energia termica da utilizzare per generare calore (teleriscaldamento) oppure per produrre energia elettrica. Il combustibile CDR non è considerabile una fonte di energia rinnovabile in quanto è trova origine da materiali derivati dal petrolio. Esiste un CDR di qualità normale e uno di qualità elevata (CDR-Q).